Partizia Mello, Ito digitale Nuovi Media, nuovo reale, Edil Stampa, Roma, 2008
La figura di Toyo Ito è molto importante per capire la Conquista della Rivoluzione Informatica in Architettura: il suo cammino progettuale si basa sull’analisi della fluidità dell’Architettura nell’Era elettronica e lo porterà ad affermare che l’uomo si trova in una nuova foresta fatta di informazioni in cui deve imparare a sopravvivere.
Partendo dal Padiglione di Barcellona di Mies dove lo spazio assume una liquidità densa che sembra evocare la sensazione che si ha nell’acqua e nel muovercisi lentamente dentro, Ito arriva alla conclusione che anche i Media sono legati al flusso continuo e questi hanno forte relazione con la nostra natura, perché sono proprio quello che ci porta a comprendere noi stessi in uno scambio continuo di energia vitale con il mondo esterno. I Media ci riducono a una dimensione più estesa della nostra fisicità alterandola e riportano alla memoria il mondo che avevamo quasi dimenticato.
La nuova tecnologia non è un’antagonista della natura ma essa sta creando un nuovo tipo di natura che da reale diventa virtuale. I flussi degli elettroni oggi sono i veri protagonisti perché diventa necessario pensare a un altro genere di involucro visto che i media ci permettono in ogni istante di proiettarci fuori dalla nostra casa e collegarci col mondo. Perciò mura spesse e geometrie euclidee che separano sono poco adatte, di più lo sono ambienti soft e flessibili che agevolino lo scambio delle informazioni rendendo reale l’immersione nel flusso di elettroni, ovvero creare architetture che sono abiti mediali con un corpo digitalizzato e trasparente.
Nella Mediateca di Sendai in Giappone (2001) Ito riflette sulla consistenza che l’architettura dovrebbe avere con l’Era elettronica: la Mediateca è l’ edificio simbolo creato dall’affermarsi dei Media nel quotidiano e dalle sensazioni dall’uomo provate, è una nuova mixitè di funzioni risultato di gesti e significati racchiusi in un contenitore affacciato sul mondo,e per questo esclude soluzioni architettoniche rigide. Il concetto di Mediateca riguarda la città dell’era della globalizzazione dove il significato di confine nazionale viene rimpiazzato dalla Rete. E’ un edifico aperto al flusso dell’informazione perché tutto nella sua struttura gli permette di indicare l’intenso fluire dei Media. L’edificio agisce con l’esterno ed è di natura totalmente artificiale che non vuole in alcun modo essere in contrasto con quella reale. Le geometrie prodotte non seguono alcun schema e l’intero sistema costruttivo Moderno viene messo in discussione dato che ogni elemento ha scopo di semplificare racchiudere contenere e organizzare.
La mediateca di Ito è senza dubbio una delle opere manifesto dell'architettura del ventunesimo secolo, ma non solo, infatti essa è anche un'opera che rispetta il passato ed è allo stesso tempo proiettata verso il futuro.Questo edificio inoltre assolve alla funzione di "catalizzatore sociale", infatti esso incarna perfettamente il concetto di mixitè, che è ormai uno dei punti fermi nello scenario dell'architettura contemporanea; ma anche quello di Hyperarchitettura, e cioè:immaterialità/trasparenza/leggerezza/fluidità.
Ito inizia un percorso critico che definirà il suo modo di progettare con metodi nuovi e un contatto positivo tra uomo e ambiente in modo spettrale e omogeneo. La superficie strutturale e l’analisi della forma lo caratterizzano nella ricerca della struttura ottimale aiutata dall’intervento molto importante dei Media elettronici, egli vuole ottenere l’organico come metodo di lavoro.
Nel Padiglione della Serpentine Gallery, Kensington Gardens, a Londra (2002) costruisce una struttura e superficie realizzando un volume con un unico involucro senza colonne né divisioni interne, è come se lo spazio sfuggisse a ogni tipo di limitazione e la sua identità fosse l’assenza dei limiti. Il dentro è fuori e viceversa una sfida quasi della bellezza tra i due mondi che dialogano tra loro attraverso stralci di cielo e alberi.
Altro esempio della volontà di sfuggire alla concezione convenzionale di struttura muraria del moderno è il Tod’s Omotesando, a Shibuya Tokyo (2004) realizzato con una superficie che funziona come struttura formata da aperture trasparenti in un volume opaco.
La ricerca di Ito continuerà tra mixitè, fluidità, ricerca formale e l’ultilizzo del nuovo strumento informatico come simulatore dello spazio desiderato. Island City Central Park Grin Grin Fukuoka (2005).
La figura di Toyo Ito è molto importante per capire la Conquista della Rivoluzione Informatica in Architettura: il suo cammino progettuale si basa sull’analisi della fluidità dell’Architettura nell’Era elettronica e lo porterà ad affermare che l’uomo si trova in una nuova foresta fatta di informazioni in cui deve imparare a sopravvivere.
Partendo dal Padiglione di Barcellona di Mies dove lo spazio assume una liquidità densa che sembra evocare la sensazione che si ha nell’acqua e nel muovercisi lentamente dentro, Ito arriva alla conclusione che anche i Media sono legati al flusso continuo e questi hanno forte relazione con la nostra natura, perché sono proprio quello che ci porta a comprendere noi stessi in uno scambio continuo di energia vitale con il mondo esterno. I Media ci riducono a una dimensione più estesa della nostra fisicità alterandola e riportano alla memoria il mondo che avevamo quasi dimenticato.
La nuova tecnologia non è un’antagonista della natura ma essa sta creando un nuovo tipo di natura che da reale diventa virtuale. I flussi degli elettroni oggi sono i veri protagonisti perché diventa necessario pensare a un altro genere di involucro visto che i media ci permettono in ogni istante di proiettarci fuori dalla nostra casa e collegarci col mondo. Perciò mura spesse e geometrie euclidee che separano sono poco adatte, di più lo sono ambienti soft e flessibili che agevolino lo scambio delle informazioni rendendo reale l’immersione nel flusso di elettroni, ovvero creare architetture che sono abiti mediali con un corpo digitalizzato e trasparente.
Nella Mediateca di Sendai in Giappone (2001) Ito riflette sulla consistenza che l’architettura dovrebbe avere con l’Era elettronica: la Mediateca è l’ edificio simbolo creato dall’affermarsi dei Media nel quotidiano e dalle sensazioni dall’uomo provate, è una nuova mixitè di funzioni risultato di gesti e significati racchiusi in un contenitore affacciato sul mondo,e per questo esclude soluzioni architettoniche rigide. Il concetto di Mediateca riguarda la città dell’era della globalizzazione dove il significato di confine nazionale viene rimpiazzato dalla Rete. E’ un edifico aperto al flusso dell’informazione perché tutto nella sua struttura gli permette di indicare l’intenso fluire dei Media. L’edificio agisce con l’esterno ed è di natura totalmente artificiale che non vuole in alcun modo essere in contrasto con quella reale. Le geometrie prodotte non seguono alcun schema e l’intero sistema costruttivo Moderno viene messo in discussione dato che ogni elemento ha scopo di semplificare racchiudere contenere e organizzare.
La mediateca di Ito è senza dubbio una delle opere manifesto dell'architettura del ventunesimo secolo, ma non solo, infatti essa è anche un'opera che rispetta il passato ed è allo stesso tempo proiettata verso il futuro.Questo edificio inoltre assolve alla funzione di "catalizzatore sociale", infatti esso incarna perfettamente il concetto di mixitè, che è ormai uno dei punti fermi nello scenario dell'architettura contemporanea; ma anche quello di Hyperarchitettura, e cioè:immaterialità/trasparenza/leggerezza/fluidità.
Ito inizia un percorso critico che definirà il suo modo di progettare con metodi nuovi e un contatto positivo tra uomo e ambiente in modo spettrale e omogeneo. La superficie strutturale e l’analisi della forma lo caratterizzano nella ricerca della struttura ottimale aiutata dall’intervento molto importante dei Media elettronici, egli vuole ottenere l’organico come metodo di lavoro.
Nel Padiglione della Serpentine Gallery, Kensington Gardens, a Londra (2002) costruisce una struttura e superficie realizzando un volume con un unico involucro senza colonne né divisioni interne, è come se lo spazio sfuggisse a ogni tipo di limitazione e la sua identità fosse l’assenza dei limiti. Il dentro è fuori e viceversa una sfida quasi della bellezza tra i due mondi che dialogano tra loro attraverso stralci di cielo e alberi.
Altro esempio della volontà di sfuggire alla concezione convenzionale di struttura muraria del moderno è il Tod’s Omotesando, a Shibuya Tokyo (2004) realizzato con una superficie che funziona come struttura formata da aperture trasparenti in un volume opaco.
La ricerca di Ito continuerà tra mixitè, fluidità, ricerca formale e l’ultilizzo del nuovo strumento informatico come simulatore dello spazio desiderato. Island City Central Park Grin Grin Fukuoka (2005).
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